Le Cinciole: scappo dalla città – la vite, l’amore, l’uva

www.carlozucchetti.it • di Francesca Mordacchini Alfani • 8 ottobre 2014

Curva dopo curva la Chiantigiana ci porta dentro un territorio punteggiato di pievi, abbazie, castelli, mulini,  canoniche, che mostra i  segni dell’appoderamento e della struttura mezzadrile con casali ed edifici rurali che sorgono isolati in posizioni di rilievo. Ma quello che ha fatto del Chianti uno dei paesaggi con maggiore valenza iconica a livello internazionale è il particolare rapporto tra la natura selvaggia  e quella domestica,  tra la trama dei boschi di latifoglie e  il diversificato mosaico agrario  in cui  la vite incide le colline e diventa elemento predominante, ma non unico.

La morfologia collinare, percettivamente esaltata da quella montuosa dei Monti del Chianti,  crea cortine e depressioni, contribuisce al piacere dell’occhio che segue i piani sfalzati d’orizzonte restando lontano dalla monotonia.  Sarà per questo che Luca Orsini e Valeria Viganò, lui geometra di Roma e lei architetto di Milano, arrivando nel Chianti  hanno deciso di fermarsi. Dopo aver girato per il Friuli, aver attraversato la Val d’Orcia, e aver esplorato Montepulciano, sono infatti approdati a Le Cinciole, un’azienda di circa 30 ettari a Panzano sulla strada per Mercatale il cui toponimo è attestato in un documento già dal 1427. Amore a prima vista. È il 1991.

A sentirlo parlare adesso di vino e vinificazione non lo diresti mai, ma quello del vignaiolo per Luca è un mestiere conquistato giorno dopo giorno, con caparbietà e fatica, con sensibilità e sudore. Senza generazioni di esperienza in campo agricolo su cui contare, ma con il solo desiderio di lasciare la città, i suoi ambienti chiusi e fumosi, gli spazi ristretti dai palazzi alti e ingombranti, nonostante un lavoro nell’impresa edile di famiglia, Luca e Valeria  si sono tuffati, appena trentenni,  in questa impresa con una  buona dose di incoscienza e coraggio indispensabile per realizzare  grandi sogni.   “Il progetto all’inizio non era chiarissimo, c’era alla base la voglia di lavorare la terra, di produrre qualcosa di primario. Al vino non ci avevo pensato. Fino a quel momento l’uva l’avevo vista solo a tavola!”. Luca non ha perso la lieve  inflessione romana nutrita di un’ironia leggera e scanzonata  “La prima potatura l’ho fatta con le cesoie in una mano e il libro con le istruzioni illustrate  nell’altra: una giornata per finire la prima pianta – ride – zappavo a mano, raccoglievo, vinificavo. Anche per l’olio è stato così, raccoglievo le olive le portavo al frantoio alle tre del mattino, dopo poche ore di sonno ero di nuovo nell’oliveto a raccogliere. Facevo tutto da solo, ma ovviamente non sarei durato a lungo continuando così, quindi ho iniziato a cercare degli aiuti.  I primi sono stati anni di lacrime e sangue.”  Autonomia di pensiero , limpida fiducia nella propria visione del mondo, certezza dei propri desideri  sono stati gli ingredienti di base per raggiungere i primi ottimi risultati, che non hanno tardato a venire.

Nel 93 inizia l’imbottigliamento e un calice di Le Cinciole finisce tra le mani di quello che diventerà subito il primo cliente svizzero aprendo di fatto le esportazioni che oggi coprono il 70% circa della produzione e comprendono Europa, Australia, USA e Giappone. “E sul mercato italiano, come sei posizionato?” chiede Carlo Zucchetti sedendosi nella sala degustazione. “Il mercato italiano è da costruire, nel senso che noi lavoriamo su Roma e Firenze, ma non abbiamo cercato nuovi sbocchi”. Nel frattempo ci ha raggiunto anche Valeria che ha appena salutato dei clienti. Il suo spirito pragmatico e una solare   concretezza   fanno da spalla alla spinta visionaria di Luca. Una complicità alimentata dal progetto comune, dalla condivisione di dubbi e certezze, di ostacoli e soddisfazioni.

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